Le metodiche di allungamento degli arti trovano maggiore applicazione nella correzione delle dismetrie (differente lunghezza di un osso rispetto al controlaterale), delle deformità angolari associate ad accorciamento (esiti di frattura o malformazione), della bassa statura.
Attraverso l’osteogenesi in distrazione si ottiene la neoproduzione di tessuto osseo che riempie il tratto allungato. L'osteogenesi è un processo riparativo che coinvolge l’osso, i muscoli, i nervi, la cute e si sviluppa in condizioni di graduale allontanamento dei frammenti, in seguito a fratture o ad osteotomie.
La corticotomia, realizzata con il fissatore esterno circolare per la “compressione-distrazione” di Gavrijl Abramovich Ilizarov è una procedura valida e versatile che trova applicazione oggi soprattutto allorquando si voglia allungare una gamba.
Consiste nella interruzione della parte più esterna dell'osso, alla quale consegue il processo riparativo in presenza di una graduale distrazione delle estremità ossee. L’aumento in lunghezza dell’osso mette in tensione anche le parti molli, avviando quindi un processo di elongazione dei vasi, nervi e muscoli.
Tale metodica è teoricamente applicabile a tutte le età della vita: però occorre tenere presente che con il progredire dell’età le capacità osteogenetiche diminuiscono, mentre i tessuti molli divengono progressivamente meno elastici.
Sul femore, invece, è preferibile usare il fissatore esterno monolaterale: una slitta con delle fiches che ancorate sull’osso lo allungano gradualmente.
Di grande utilità è sul femore anche l’uso del chiodo endomidollare allungabile (Precice), posto all'interno dell'osso, che permette la sua graduale distrazione. Il vantaggio del chiodo è rappresentato dall’assenza di ingombro che è presente nel fissatore esterno, dal basso rischio di frattura del rigenerato osseo, dal basso rischio di deviazioni assiali nei lunghi allungamenti. Esso premette di poter allungare dai 5 agli 8 cm e non richiede manipolazioni angolari dell'arto, facendo uso di un sistema magnetico e di un controllo remoto.
Nei casi di bassa statura severa (acondroplasico), l’allungamento deve essere effettuato contemporaneamente sui due femori o sulle due gambe. È possibile allungare i femori o le tibie sino a ad un terzo circa della loro lunghezza iniziale procedendo alla velocità di circa 1 mm al giorno.
La lunghezza finale guadagnata dipenderà dalla capacità del paziente di tollerare l’allungamento. Non lo si può determinare con certezza all’inizio della procedura ma lo si può solo prevedere.
Il decorso post-operatorio comprende una degenza di circa 5-6 giorni, controlli clinici e radiografici ad una cadenza di circa 20 giorni.
Il paziente può caricare da subito con i fissatori esterni mentre deve fare uso di 2 stampelle nel caso del chiodo endomidollare.
La tecnica con chiodo endomidollare riduce molto i disagi di questo intervento permettendo il ritorno alla vita normale molto più rapidamente rispetto al fissatore esterno.
La procedura di allungamento degli arti è giustificata nei casi di ipometria severa che pregiudica la gran parte delle abilità richieste nella vita quotidiana, come guidare l’auto o sedere agevolmente su una sedia. Anche l'età è dirimente sull'indicazione chirurgica: un'età avanzata controindica la metodica.
In questi casi il paziente deve essere estremamente motivato e ben supportato dalla famiglia in quanto il percorso è lungo ed anche doloroso almeno nei primi tempi. Le complicanze possono essere severe e vanno attentamente considerate ai fini di una scelta consapevole.
Talvolta nei bambini gli arti inferiori si possono presentare deviati rispetto ai normali assi.
Nel ginocchio varole gambe assumono l’aspetto di due parentesi “( )”; diversamente, nel ginocchio valgo, “ginocchia a x”, le caviglie restano molto distanti fra loro. La deformità consegue ad una sofferenza della cartilagine di accrescimento a carico della porzione prossimale della tibia nel ginocchio varo; della porzione terminale del femore nel ginocchio valgo.
Il ginocchio varo può essere secondario al rachitismo, alla malattia di Blount, alle fratture del femore o della tibia mal consolidate, ad uno squilibrio tra i muscoli interni ed esterni della coscia a seguito della pratica di alcuni sport come il calcio.
Il genu valgum adolescentium, invece, si osserva tra i 10 ed i 14 anni in soggetti in soprappeso, associato talvolta a piede piatto, alluce valgo, scoliosi.
Le forme lievi di ginocchio valgo/varo sono asintomatiche e prive di ripercussioni nella vita di tutti i giorni; le forme più gravi, che pregiudicano la qualità di vita del paziente, oltre al dolore possono comportare la sofferenza del tessuto cartilagineo che riveste i capi ossei del ginocchio, con la conseguenza di sviluppare un’artrosi precoce; il piede può diventare apparentemente piatto e l'alluce devia in valgo.
Nell'adulto il quadro clinico può essere grave al punto da richiedere anche l'impianto di una protesi di ginocchio.
Trattamento
L'uso di calzature ortopediche non ha dimostrato alcuna efficacia nella correzione della deformità; altrettanto la fisioterapia.
Nell’età adolescenziale il trattamento del ginocchio valgo/varo è rappresentato dall’intervento di emiepifisiodesi temporanea. La tecnica mira ad arrestare temporaneamente la crescita ossea del ginocchio: nel suo versante interno o esterno, così da permettere una progressiva “autocorrezione” del difetto con la crescita staturale rimanente.
La metodica chirurgica è semplice ed efficace, praticabile soltanto nell’età adolescenziale: 11-13 anni per le femmine, 12-15 per i maschi, cioè prima del termine dell’accrescimento.
La tecnica prevede l’inserimento di un dispositivo metallico a forma di U: le due braccia parallele vengono inserite nella cartilagine di accrescimento arrestandone la crescita. La parte opposta restante di cartilagine, con la crescita residua, correggerà progressivamente la deformità.
L’intervento, eseguito in anestesia generale dura circa 30 minuti, la sera si riprende a camminare senza necessità di bastoni; il giorno dopo l’intervento chirurgico il giovane paziente può essere dimesso e potrà riprendere tutte le attività anche sportive dopo pochi giorni. A distanza di circa 12-18 mesi la deformità risulterà corretta ed il dispositivo impiantato andrà rimosso.
Ginocchio valgo: quadro clinico e radiografico iniziale ed a correzione raggiunta.
Ginocchio varo: quadro clinico e radiografico iniziale ed a correzione raggiunta.
Il dito a scatto nel bambino è una condizione congenita che normalmente si presenta tra i 6 mesi e i 2 anni di vita Interessa tipicamente l’articolazione interfalangea del pollice che appare bloccata in flessione, essendo impossibile l'estensione attiva e passiva
La diagnosi è clinica: si può osservare il tipico atteggiamento di blocco in flessione dell’articolazione interfalangea del pollice, si può palpare anche un nodulo nella regione palmare alla base del dito
Il trattamento punta al recupero della funzionalità del pollice grazie alla risoluzione del blocco articolare. e/o del fenomeno dello scatto. Rimandarlo oltre tempo può comportare lo sviluppo di una deformità dell'articolazione.
L’intervento viene praticato in anestesia locale con una sedazione superficiale. I punti di sutura con filo riassorbibile cadranno spontaneamente dopo circa 15 giorni. Necessaria una valutazione del bambino nel tempo per accertare la corretta ripresa del movimento del dito e prevenire l’instaurarsi di recidive o la formazione di aderenze cicatriziali, che, se diagnosticate precocemente possono risolversi con un semplice trattamento fisioterapico.
Il piede piatto è la conseguenza della caduta della volta plantare e della deviazione all’esterno (valgizzazione) del calcagno.
Nei primi anni di vita tale situazione è del tutto normale e fa parte della normale crescita del piede.
La fisioterapia e l'osteopatia possono mitigare una lassità dei muscoli cavizzanti del piede riducendo il piattismo.
La persistenza del piattismo dopo i 7-8 anni, invece, andrebbe trattata al fine di prevenire una sintomatologia dolorosa e disfunzionale soprattutto nel giovane adulto, come l’artrosi della caviglia e l’alluce valgo.
L’intervento si propone di prevenire interventi di maggiore complessità nell’età adulta
Esistono diverse tecniche chirurgiche.
Calcagno-stop: attraverso una incisione chirurgica di 1 cm si infigge una piccola vite all’interno dell’astragalo, la cui testa si oppone alla pronazione del calcagno, facendo risalire la volta plantare.
Endortesi senotarsica: in questo caso si posiziona una sorta di “tassello” metallico nel seno del tarso, la cavità fra calcagno ed astragalo, favorendo la risalita della volta plantare. Da preferire in presenza di deformità maggiori ed in bambini più grandi.
La procedura chirurgica viene effettuata in ambedue i piedi contemporaneamente ed in anestesia locale. Al termine dell’intervento chirurgico, della durata di circa 20 minuti, il bambino esce dalla sala operatoria camminando liberamente senza necessità di stampelle o tutori. La ripresa della scuola è verosimile dopo 3-5 giorni.
Le viti vengono mantenute per circa 2 anni, tempo necessario all’organismo per correggere il difetto, quindi si potrà eseguire l’intervento di rimozione anch’esso in anestesia locale.
La fascia di età migliore per eseguire l’intervento è quella fra gli 8 ed i 12 anni. Si può effettuare l’intervento anche dopo, naturalmente le possibilità di completa risoluzione del piattismo si riducono con l’aumentare dell’età.
Quadro clinico prima del trattamento: si osserva la caduta mediale del piede e la deviazione in valgo del retropiede.
Quadro radiografico: ricomparsa del normale arco plantare; endortesi nel seno del tarso.
Risultato clinico: si osserva la comparsa della volta plantare mediale e la scomparsa del piattismo.
La malattia di Perthes, nota anche come Legg-Calvé-Perthes, colpisce l'anca dei bambini. Consegue ad un ridotto apporto di sangue alla testa del femore per cause ancora non ben chiare. Il tessuto osseo va incontro ad una sofferenza che culmina con la necrosi avascolare, cioè la morte delle cellule dell'osso.
Con la progressione della malattia, la struttura ossea della testa del femore inizia gradualmente a deformarsi per effetto del peso corporeo. Dopo un certo periodo variabile di tempo, il sangue riprende a circolare e l'osso ritorna vitale ma la testa femorale resta deformata.
Sono affetti spesso i bambini maschi di età compresa tra 5 ed i 9-10 anni ed è monolaterale.
L'attenzione è richiamata da una improvvisa difficoltà nel camminare e nel correre, compare una vera e propria zoppia che progressivamente diventa invalidante. Il dolore, riferito all'inguine, peggiora con l'attività sportiva ed è alleviato dal riposo.
Le radiografie sono necessarie per la conferma della diagnosi nonché aiutano a determinare lo stadio della malattia e la terapia da attuare.
In questo paziente, non adeguatamente trattato, si osserva come la malattia di Perthes è progredita fino al collasso della testa del femore dell’anca destra.
L'obiettivo principale del trattamento è quello di evitare il collasso della testa del femore mettendo in scarico l'anca attraverso l'uso di stampelle o di un tutore per evitare che il bambino scarichi troppo peso sull'articolazione. In caso contrario, la testa del femore si può deformare portando all'insorgenza di una precoce artrosi.
I farmaci antinfiammatori sono necessari per ridurre il dolore conseguente all'infiammazione dei tessuti periarticolari dell'anca. L’astensione dalle attività sportive aiuterà ad alleviare il dolore ed a proteggere la testa del femore. La fisioterapia aiutare a ripristinare una normale ampiezza dei movimenti dell'articolazione dell'anca che spesso va incontro a rigidità.
In alcuni casi, vi è una contrattura inaccettabile dei muscolo interni della coscia che impediscono all'anca di ruotare correttamente, favorendo la deformità della testa femorale. In tal caso potrebbe essere necessario un piccolo intervento chirurgico detto tenotomia.
Nei casi in cui il trattamento conservativo non è stato sufficiente e l’anca è guarita deformata, la procedura chirurgica più comune per il trattamento della malattia di Perthes è un'osteotomia femorale. In questo tipo di procedura, l'osso viene tagliato e riposizionato per mantenere la testa del femore in posizione corretta.
LA PROGNOSI
Nella maggior parte dei casi, la prognosi è buona e l'anca cresce fino all'età adulta senza successivi problemi. Se permane una deformità nella forma della testa del femore, potranno verificarsi problemi in età adulta come un'artrosi precoce. In questa radiografia, la malattia di Perthes è progredita fino al collasso della testa del femore (freccia), mentre l'altro lato è normale.
La scoliosi è una deviazione laterale, rotatoria e permanente della colonna vertebrale. Può causare disfunzioni organiche, in particolare la riduzione della capacità respiratoria.
La scoliosi idiopatica, cioè senza apparente causa, spesso è subdola: evolve progressivamente senza dare dolore e solo un'attenta valutazione del medico specialista permette di coglierne le prime manifestazioni e formulare una corretta diagnosi.
Talvolta il bambino o l’adolescente presentano un atteggiamento sbagliato perchè sisiede o cammina in maniera scomposta. In questi casi si parla di atteggiamento scoliotico: la deformità si riduce completamente flettendo il rachide. La differenza fondamentale tra scoliosi e atteggiamento scoliotico è la strutturazione della curva presente nel primo caso.
L'esame clinico che permette di distinguere la scoliosi vera dall'atteggiamento scoliotico, è il Bending Test (flessione del busto avanti con le gambe tese e le mani unite). Se c'è un inizio di scoliosi si formano una o più prominenze (gibbosità) a lato della colonna (a livello dorsale e/o lombare). La radiografia permette di confermare la diagnosi, classificare la curva, di misurare l'entità della curva esprimendola in gradi, di orientare la prognosi.
La scoliosi, in genere si aggrava in corrispondenza del periodo dello sviluppo in altezza, nel periodo della pubertà, e si arresta con la maturità ossea che si raggiunge verso i 16 – 17 anni. Le scoliosi si aggravano rapidamente nel periodo puberale e per tal motivo è importante trattarle quanto prima.
Trattamento
In presenza di curve a ridotto rischio di peggioramento è utile la fisioterapia (denominata anche ginnastica medica o, più comunemente, “correttiva”), che deve essere specifica per ogni singolo paziente. Una volta appresi gli esercizi, la ginnastica può essere eseguita in un piccolo gruppo con piani di lavoro personalizzati, oppure a domicilio, e periodicamente controllata e adattata dal fisioterapista. Gli obiettivi di questa ginnastica sono quelli di costruire un “corsetto neuro-muscolare” per offrire un maggiore controllo e una migliore stabilità della colonna. Inoltre, utile associare anche l'osteopatia per ridurre le tensioni cranio-sacrali al fine di ottimizzare il trattamento.
Nelle curve gravi, evolutive, occorre indossare un corsetto. Questo può essere basso (Boston) o alto come lo Chêneau o il Lionese.
Allorquando la deformazione supera i 40-60 gradi è necessario pensare ad un intervento chirurgico.
La prevenzione si attua solo guardando i nostri figli. Facciamolo più spesso, prima che una modesta scoliosi diventi un problema doloroso e limitante.
Si osserva la deformità rotatoria che comporta la comparsa del gibbo.
La radiografia permette di misurare il valore angolare della curva. A destra, un corsetto ascellare tipo Lionese, ideale per questo tipo di curva.
In soggetti più grandi di età, in presenza di curve gravi, prima di applicare un corsetto può essere necessario correggere la curva con un corsetto in gesso.
La stessa paziente, con curva di 60°, dopo trattamento contenitivo in corsetto per 2 anni. All'età di 18 anni è stata sottoposta ad intervento chirurgico correttivo.