Una grave forma di artrosi del ginocchio può rendere difficoltosi anche semplici movimenti come il camminare o salire le scale. In questi casi l'impianto di una protesi ginocchio permette di eliminare il dolore. In presenza di pazienti giovani e motivati, con un danno osteocartilagineo limitato ad un solo compartimento del ginocchio, solitamente quello mediale, si può decidere di impiantare la protesi monocompartimentale di ginocchio.
Infatti, il ginocchio non è un’articolazione unica ma è divisa in tre comparti, due femoro-tibiale ed uno femoro-rotuleo. Quando si verifica un’usura di un solo comparto, si può operare soltanto quello usurato conservando i legamenti crociati e gran parte dell’osso dell’articolazione.
In considerazione del risparmio di gran parte dell’articolazione e della brevità dell’incisione chirurgica, la protesi monocompartimentale può essere inserita fra gli interventi mini-invasivi. Essa va a sostituire soltanto la parte danneggiata di cartilagine, solitamente del comparto mediale.
I risultati sono molto soddisfacenti perché il recupero articolare è normalmente più rapido; minima la perdita di sangue; il dolore post-operatorio modesto. Il paziente ideale per questo tipo di intervento è quello giovane, con alte esigenze funzionali, lamenta dolore soltanto nella parte mediale o laterale del ginocchio, presenta una mobilità articolare accettabile, non presenta lesioni legamentose. La radiografia è indicativa di un’usura a carico di un solo compartimento. Solitamente il ricovero avviene il giorno stesso dell’intervento. L’intervento chirurgico dura circa 45-50 minuti. Il dolore nella fase post operatoria è generalmente inferiore rispetto a chi viene sottoposto ad intervento di protesi totale di ginocchio. La riabilitazione e la ripresa della deambulazione è molto più veloce e, generalmente, si può rientrare a casa dopo 2/3 giorni. Qui proseguirà la riabilitazione.
Nelle 6 settimane successive all’intervento chirurgico il paziente sarà in grado di riprendere tutte le normali attività, anche la guida della macchina. La conservazione dell’apparato legamentoso, in particolare dei legamenti crociati, consente al paziente di svolgere tutte le attività lavorative e sportive cui era solito prima dell’intervento chirurgico. Chi è stato sottoposto a questo tipo di intervento chirurgico riferisce la sensazione di un ginocchio naturale, come se non fosse mai stati operato.
Oggi, grazie ai progressi raggiunti nei materiali e nella via chirurgica, possiamo affermare che la durata di una protesi monocompartimentale è molto vicina a quella di una protesi totale. Nel caso si rendesse necessaria una revisione dell’impianto o l’usura del ginocchio con il tempo coinvolga anche l’altro comparto, si potrà passare all’impianto di una protesi totale senza particolari difficoltà.
In tal caso abbiamo permesso al paziente di godere più a lungo del suo ginocchio.
Infatti la protesi totale di ginocchio non restituirà mai al paziente un ginocchio con le perfomance di un ginocchio naturale, diversamente da quanto può fare una protesi monocompartimentale.
Le aspettative del paziente che oggi si sottopone ad intervento di protesi del ginocchio sono molto alte sia in termini recupero articolare, riduzione del dolore percepito, riduzione della degenza.
Il percorso “Fast Track” ossia "percorso rapido" applicato all’intervento di protesi di ginocchio permette un notevole incremento qualitativo dei risultati raggiungibili in questa chirurgia attraverso una riduzione del dolore post-operatorio e dello stress chirurgico.
Attraverso il percorso Fast Track, il paziente diventa protagonista del suo stesso recupero: il risultato clinico sarà superiore rispetto ai protocolli standard perchè si lavora anche sulla psicologia del paziente motivandolo nelle aspettative appropriate.
I punti salienti del protocollo sono:
Il percorso Fast Track prevede che, all'atto della dimissione, il paziente sia in grado di muoversi in autonomia all’interno della stanza, essere in grado di salire le scale, essere autonomi nell’effettuare le attività quotidiane di base, possedere una autonomia nel cammino di almeno 50 metri facendo uso dei bastoni canadesi.
Il paziente maggiormente soddisfatto percepisce di aver fatto un trattamento di sicura efficacia e guarderà con meno diffidenza la possibilità di un intervento protesico sulla articolazione controlaterale danneggiata dall'artrosi.
Posizionamento del ginocchio in flessione a 70° all’uscita dalla sala operatoria
A 4 ore dall’intervento chirurgico mobilizzazione passiva del ginocchio
A 6 ore dall’intervento chirurgico avvio alla deambulazione assistita con girello.
In 5° giornata si può rientrare a casa.
L’ingegneria tessutale si occupa della rigenerazione dei tessuti biologici ottenuta mediante l’impiego di cellule o con l’aiuto di strutture di supporto e/o biomolecole. In ortopedia i tessuti di interesse per la rigenerazione biologica sono la cartilagine, il tendine e i legamenti, nonché l’osso. In particolare, i Fattori di Crescita, trovano largo uso in ortopedia in quanto possono condizionare una particolare crescita cellulare e favorire i fisiologici processi di guarigione.
I fattori di crescita sono ottenuti dalle piatrine mediante centrifugazione di una provetta contenente il sangue prelevato dal paziente stesso.
La pappa piatrinica tipicamente contiene una concentrazione di piastrine circa 5 volte superiore a quella presente normalmente nel sangue. Le piastrine nel loro interno contengono numerosi fattori di crescita tra cui:
Il meccanismo di azione della pappa piatrinica non è ancora definito del tutto. Gli studi effettuati dimostrano che esso agisce inducendo la proliferazione di diversi tipi di cellule. In particolare la pappa piatrinica inibisce il rilascio di interleuchina 1 (IL-1) da parte dei macrofagi e ne riduce la loro proliferazione limitando il processo infiammatorio iniziale. Si ritiene, inoltre, che i fattori di crescita possano stimolare le cellule totipotenti quiescenti a differenziarsi nel tipo di tessuto danneggiato portando quindi ad una rigenerazione del tessuto stesso. Non vi sono controindicazioni alla tecnica e non c’è il rischio di trasmissione di malattie come HIV e Epatite.
Nel paziente affetto da gonartrosi, l'iniezione di pappa piatrinica permette di alleviare rapidamente i dolori e migliorare la funzionalità articolare per un tempo variabile dai 10 mesi ai 2 anni.
La procedura utilizzata per ottenere i concentrati piastrinici è eseguita in ambulatorio: richiede circa 25 minuti, non necessita di anestesia ed è indolore. Si preleva dalla vena del un braccio una piccola quantità di sangue che viene centrifugato. Tale procedimento consente di separare le piastrine dalle altre componenti cellulari del sangue e di ottenere un prodotto ad alta concentrazione piastrinica, una sostanza giallastra, il surnatante. Questo verrà iniettato nella cavità articolare del ginocchio. Il ciclo prevede 3 o 4 iniezioni endoarticolari a distanza di 15 giorni.
La centrifuga permette di ottenere il surnatante ricco di fattori di crescita (in giallo), ottenuto dopo centrifugazione.
Il concentrato piastrinico viene iniettato in articolazione
Spesso ci si trova a dover trattare pazienti affetti da artrosi del ginocchio e troppo giovani per essere sottoposti ad un impianto di protesi di ginocchio. In questi casi è possibile ricorrere ad una procedura volta a rigenerare il tessuto cartilagineo che ricopre le estremità ossea del ginocchio.
Nel nostro corpo esistono alcune cellule che conservano la capacità di rigenerare i tessuti. Trattasi di cellule totipotenti, cioè in grado di differenziarsi e diventare qualsiasi cosa: cellule muscolari, ossee, cartilaginee, ecc.
Queste cellule totipotenti (mesenchimali) attivate sono in grado di rigenerare quel tessuto danneggiato con la finalità di ripararlo.
Sede di prelievo di cellule mesenchimali è rappresentata dal tessuto adiposo del paziente stesso. L'adipe dimostra di contenere cellule mesenchimali in elevata quantità e con un’enorme potenzialità rigenerativa indipendente dall'età del paziente.
TECNICA
La procedura, eseguita in sala operatoria, dura circa 25 minuti, richiede un’anestesia locale ed è indolore. Le cellule prelevate con la stessa metodica di una liposuzione (attraverso un piccolo ago in regione periombelicale) vengono trattate in un ambiente sterile da una apposita macchina. Si raggiunge una riduzione volumetrica del prelievo adiposo attraverso l’eliminazione di residui oleosi ed ematici a contenuto pro-infiammatorio. Il processo di microframmentazione del prelievo così trattato simula una danno tissutale, innescando i naturali processi di reazione. In particolare viene attivata la conversione da pericita a cellula mesenchimale attivata. Questo preparato rappresenta un substrato naturale che, una volta innestato nel ginocchio, è coinvolto nel fisiologico processo di rigenerazione tissutale. Dopo circa tre giorni il paziente può riprendere la maggiore parte delle sua attività.
RISULTATI
I pazienti trattati riferiscono un evidente miglioramento clinico sia del dolore che della funzionalità articolare: infatti, nel giro di qualche mese le cellule mesenchimali iniettate agiscono riparando la cartilagine usurata e favorendo la guarigione del tessuto cartilagineo sofferente.
Se il sollievo dal dolore e il miglioramento della mobilità articolare di un’infiltrazione di acido ialuronico è di circa sei mesi e della pappa piatrinica di circa 8-10 mesi, l’innesto di tessuto adiposo dà risultati stabili per almeno tre anni.
L’uso delle cellule adipose nel caso del ginocchio artrosico non vuole rappresentare un’alternativa all’intervento chirurgico ma può permettere di ritardarlo di alcuni anni. Nel paziente molto anziano o gravemente obeso questa metodica può rappresentare l'unica opportunità di miglioramento.
Una protesi di ginocchio può durare dai 10 ai 20 anni. Trascorso questo tempo il paziente può iniziare ad avvertire dolore severo e notevole difficoltà a camminare, strani rumori ed instabilità del ginocchio: in questi casi è necessario ricorrere ad un intervento di revisione della protesi. Questa procedura chirurgica è finalizzata alla sostituzione di una o più componenti della protesi.
Molte sono le cause che possono portare nel tempo al fallimento di una protesi di ginocchio: la più frequente è l'usura di parti della protesi o la mobilizzazione dell'impianto.
CAUSE DI REVISIONE DI UNA PROTESI DI GINOCCHIO
L'usura dell'inserto meniscale realizzato in polietilene, la componente che separa il femore dalla tibia, di materiale plastico, può comportare una perdita di stabilità del ginocchio ed un rapido deterioramento della funzione articolare.
La mobilizzazione asettica delle componenti protesiche, altra causa frequente, consegue alla liberazione di detriti all'intercapedine fra protesi ed osso: consegue una reazione da parte dell'osso circostante che porta al riassorbimento dell'osso che supporta la protesi. Le componenti protesiche iniziano a “ballare”, piuttosto che essere "fisse" nell'osso con la comparsa di dolore invalidante.
L'infezione periprotesica, rappresenta la causa più temibile di una revisione di una protesi: le superfici protesiche rappresentano un terreno fertile per i germi che vi si annidano. Purtroppo in questi casi le sole terapie antibiotiche spesso sono insufficienti. In tali casi si è costretti a rimuovere la protesi infetta ed al reimpianto di una nuova protesi. A volte le procedure di espianto e di reimpianto sono separate da un intervallo di 2-4 mesi in cui si fa uso di uno spaziatore antibiotato, con il duplice compito di bonificare i tessuti dall'infezione e conservare lo spazio destinato ad accogliere la protesi definitiva.
La rigidità persistente dopo 8-10 settimane dall'impianto protesico spesso richiede una revisione protesica al fine di correggere un eventuale difetto di allineamento passato inosservato.
Le fratture periprotesiche ossia dell'osso circostante la protesi richiedono la sostituzione dell'impianto per permettere un ancoraggio dello stesso su un osso sano, indenne dalla frattura.
La protesi di revisione del ginocchio normalmente presenta dimensioni più grandi rispetto alla protesi di primo impianto, può avere steli lunghi e cunei utili a dare una stabilità immediata all’impianto.
Al fine di migliorare al massimo il risultato finale clinico di questo delicato intervento chirurgico sono fondamentali le abilità del chirurgo, la conoscenza meccanica della protesi, applicare il percorso “Fast Track” (riabilitazione veloce).
L’INTERVENTO E LA RIABILITAZIONE
L'intervento di riprotesizzazione viene eseguito solitamente attraverso la stessa via d'accesso impiegata nel precedente intervento, opportunamente estesa. Dopo aver rimosso la protesi si rimuovono i dedriti presenti, quindi si procede all’impianto della nuova protesi. Il decorso post-operatorio è molto variabile, i tempi di recupero sono più lunghi specialmente quando si debbano risolvere ampi difetti ossei
La riabilitazione dopo l'intervento chirurgico di revisione protesica inizierà già entro 24 ore dall'intervento chirurgico. La fisioterapia continuerà fino a 2-3 mesi dopo l'intervento chirurgico. Il carico può essere parziale da subito o ritardato di 1-2 mesi a seconda della procedura chirurgica utilizzata.
Protesi di ginocchio lussata.
Protesi di ginocchio a sinistra malposizionata.
Protesi di revisione di femore e tibia
Protesi di revisione della tibia
Frattura periprotesica sovracondilica di femore.
Impianto di protesi di revisione.
Talvolta il nostro ginocchio si può presentare costituzionalmente varo o valgo, oppure la deformità può essere conseguente ad una frattura ossea mal consolidata. Nel caso del ginocchio varo, le gambe deviano all'interno per una sofferenza della porzione prossimale della tibia. Nel ginocchio valgo, gambe deviate all'esterno, la deformità risiede nel femore distale.
L'osteotomia è un intervento chirurgico che prevede il taglio dell'osso al fine di poterne modificare il suo asse. Si ricorre a questa procedura quando l'artrosi del ginocchio, cioè il consumo della cartilagine articolare, coinvolge prevalentemente un versante dell’articolazione, mediale o laterale. L'osteotomia di femore o di tibia è un intervento conservativo riservato ai pazienti ancora giovani, dai 35 ai 55 anni. L'obiettivo è quello di ritardare un eventuale intervento chirurgico di artroprotesi totale di ginocchio.
L'intervento chirurgico si effettua in anestesia spinale, si addormenta solo l'arto da operare. Nel caso del ginocchio valgo, attraverso un'incisione longitudinale situata sulla faccia laterale del femore distale, si taglia la parte distale del femore utilizzando appositi scalpelli. Dopo aver interrotto l’osso, osteotomia, si applica una placca che farà consolidare l’osso nella nuova posizione.
Nel ginocchio varo, attraverso un'incisione longitudinale situata sulla faccia mediale al di sotto del ginocchio, si taglia la parte prossimale della tibia. Anche qui, dopo aver effettuato l'osteotomia, si fa uso di una placca con delle viti.
Con il percorso “Fast Track” è possibile ottenerne un controllo soddisfacente del dolore e riprendere a deambulare già dopo 6 ore dall’intervento chirurgico. Quindi si applicherà un tutore di ginocchio a protezione. Il pomeriggio del giorno successivo il paziente potrà essere dimesso con un tutore da mantenersi per 20 giorni. Dopo 4-6 settimane il paziente potrò ritornare ad una vita del tutto normale.
Donna di 45 anni con ginocchio valgo bilaterale: a sinistra aspetto iniziale, al centro dopo la correzione del ginocchio destro, a sinistra dopo la correzione di ambedue le ginocchia.
ASPETTATIVE
L'osteotomia di femore o di tibia riesce a ridurre la sintomatologia dolorosa accusata dal paziente ed a ritardare un impianto di artroprotesi di ginocchio mediamente di 8-10 anni. Il peso corporeo e le condizioni di usura del ginocchio al momento dell’intervento chirurgico sono fondamentali nella durata dei risultati raggiunti da questa procedura.
L’iperpressione rotulea esterna è una causa di frequente di dolore al ginocchio soprattutto nelle giovani ragazze. La malattia consegue ad un anomalo scorrimento della rotula sul femore.
La rotula è inserita nel contesto di un grosso muscolo, il quadricipite femorale. Questo è un potente muscolo della coscia che, estendendo la gamba rispetto alla coscia, permette di mantenere la stazione eretta durante la marcia. La rotula agisce come un fulcro aumentando la forza esercitata dal muscolo quadricipite.
Condizioni anatomiche predisponenti associate a particolari sport o posizioni del ginocchio possono condurre ad uno schiacciamento asimmetrico della rotula sul femore.
La posizione della rotula nel solco femorale è controllata principalmente dalle espansioni mediale e laterale del muscolo quadricipite femorale. Se una parte del muscolo tira di più anche la rotula si sposterà di più da quel lato: questo comporterà una maggiore pressione (iperpressione) sulla cartilagine articolare che riveste queste superfici, quindi un sovraccarico funzionale, quindi il dolore.
Condizione anatomica predisponente alla iperpressione rotulea esterna è la displasia femororotulea: il solco femorale o la rotula si presentano alterati nella loro forma predisponendo alla tendenza della fuoriuscita di quest’ultima.
Anche un’alterazione dell’angolo Q (cioè dell’angolo formato dal femore con la tibia), una rotula alta, una insufficienza del vasto mediale del muscolo quadricipite possono determinare un aumento delle forze che portano la rotula a spostarsi esternamente rispetto al femore.
Inzialmente il dolore può essere riferito alla rotula o al ginocchio. Il salire o scendere le scale, stare seduti col il ginocchio flesso per lungo tempo in auto o al cinema sono situazioni scatenanti il dolore. Nelle fasi conclamate della malattia vi sarà anche una rigidità dell’articolazione ed un versamento intrarticolare.
La diagnosi si raggiunge attraverso una radiografia che ci permetterà di valutare l’allineamento anatomico della rotula.
Il trattamento iniziale vede coinvolto il fisioterapista che può ristabilire i corretti rapporti femore-rotula attraverso il potenziamento muscolare e lo stretching del quadricipite femorale.
Attraverso la chirurgia, invece, si agisce riducendo le forze lussanti che agiscono sulla rotula. In artroscopia è possibile visualizzare lo scorrimento femoro-rotuleo e sezionare il legamento laterale della rotula (lateral release). In questo modo la rotula viene ricentrata sul femore.
La procedura si può effettuare in anestesia locale e richiede pochi minuti. Non è necessaria ospedalizzazione e la convalescenza dura pochi giorni.
Si valuta lo scorrimento rotula – femore.
Si incidono le fibre esterne alla rotula.
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